Fottutissima Pellicceria Elsa

Gorizia, 1983: quando il punk implicava delle scelte etiche e politiche precise e non era solo una delle tante possibilita' di consumo.

Recentemente si è parlato delle origini del movimento punk in regione.

Navigando in rete si possono trovare le tracce anche di un gruppo – la FOTTUTISSIMA PELLICCERIA ELSA – attivo a Gorizia negli anni '80 che prende il nome  appunto da una pellicceria in centro. Gruppo mai approdato su vinile e forse per questo semi dimenticato.

Scaricatevi e ascoltatevi questa demo tape, con dodici canzoni, che confermano l'attivismo e la convinzione del gruppo negli ideali dell'antimilitarismo, dell'animalismo.

Scaricabile qui


fottutissima pellicceria elsa (gorizia)

qui gorizia, ridente cittadina del friuli venezia giulia. parlarne sarebbe superfluo e inutile
dato che parlare di gorizia è come parlare di qualsiasi città provinciale agli estremi e con le
solite paranoie del caso. siamo i fpe, attivi da circa 8 mesi (…). breve attimo di sosta per il cambio di batterista e per altri e soliti casini, e di nuovo reazione! il nome deriva dalla fusione-contrasto di due fattori decisivi: la nostra totale massima contrarietà verso ogni forma di sfruttamento fatta da uomo ad animale, e la presenza di una fottutissima e altolocata pellicceria nel centro città, pellicceria che porta appunto il nome di elsa! siamo contrari quindi ad ogni oppressione sotto qualsiasi forma su ogni essere vivente, contrari alla commercializzazione-lucro di idee, contrari ad etichette fautrici dei più assurdi-crudeli schemi mentali e sociali. ecologia, pace per molti solo cazzate troppo utopistiche, per noi no! noi ci crediamo ancora! qualche mese fa è uscita la nostra prima cassetta autoprodotta allo scopo principale di far conoscere idee e musica del gruppo: ha delle carenze di registrazione, nonostante ciò abbiamo fatto del nostro meglio affinché il tutto appaia ascoltabile. lo sforzo non è stato assolutamente indifferente intorno a tanta indifferenza ormai radicata da sempre nei cervelli di molti che ci circondano. abbiamo iniziato una grande campagna rompicoglioni a gente che dorme, riguardo una realtà crudele e violenta praticata ogni giorno su miliardi di animali, la vivisezione. sembra stia servendo a qualcosa, i belli addormentati cominciano a svegliarsi e a chiedere qualcosa…

dalla fanzine "nashville skyline" n. 4 (vittorio veneto, tv) 1984

da nel cuore della bestia


 
Oppure ascolta e/o scarica le singole tracce
 
 
01 – Moda assassina 4:42
02 – Si vive per morire 2:17
03 – Reazione 1:58
04 – Gorizia nella notte 6:14
05 – Perchè devo 2:56
06 – Are we a kind of punk 2:58
07 – 0:59
08 – Burattini 3:26
09 – No militare 6:37
10 – Non mi avrete più 3:50
11 – Dentro vuoti 3:45
12 – In croce …qui 3:44
13 – E alla fine 1:29

FONTI:


Il Punk Goriziano negli anni ottanta

24 dicembre 2010
Lucio Santin
scritto con Monica Esposito

La cultura punk in una città di confine. Intervista a Lorenzo Della Rovere.

La VI edizione di Pixxel Music – festival internazionale di arte digitale e musica elettronica – ha offerto quest’anno cinque Giovedì dedicati alla storia della musica.
Lo scorso 4 Novembre si è svolta una conferenza dal nome Feel the punk,
tenuta da Lorenzo della Rovere, musicologo del DAMS di Gorizia.
Interessati dagli argomenti trattati, ci siamo presi un’oretta per parlarne con
lui.

Quando e come nasce il movimento punk italiano?
Il punk inizia a diffondersi in Italia nel 1976. Si ispira alla scuola
Crassiana, attiva a Londra, che aveva conservato le istanze positive della
cultura Hippie: autogestione, attivismo e comuni. Alcuni ex-hippie che non
si erano fatti devastare il cervello dalla droga si organizzarono nella capitale
inglese e iniziarono a fare attivismo, a produrre veramente qualcosa. Il punk
viene pensato infatti come un movimento etico più che musicale,
inscindibile dalla politica.

Riguardo questa inscindibilità, cosa ci puoi dire del Virus di Milano?
Sì, il virus era un centro sociale milanese, situato in via Correggio, nato per
Sì, il virus era un centro sociale milanese, situato in via Correggio, nato per
iniziativa di pochi ragazzi alla ricerca di un luogo di aggregazione. Divenne
poi il più grande centro di riferimento italiano – se non addirittura europeo– per il movimento punk. Ci si organizzavano concerti di gruppi persino extraeuropei, tour per le band affiliate al luogo, si stampavano dischi… il
tutto auto o co-prodotto. Si partiva – e lo si fa tutt’ora – da un concetto di
distacco dalla logica mainstream, il punk produce per il puro gusto di farlo
e senza bisogno di enormi somme di danaro.

Come viene vissuto il punk in una città di confine come Gorizia?
In realtà devo dire che i veri centri del punk italiano furono altri: Milano,
Torino e Bologna, in primis. Gorizia è, appunto, in una zona decentrata
dell’Italia, è una città di confine ed ha quindi sortito o passivamente o con
ritardo l’eco del punk, pur con le dovute eccezioni. Infatti, nella regione, nei
primi anni ottanta si crearono alcuni importanti circuiti indipendenti,
dedicati soprattutto alla produzione di carta stampata: nella valle del
Natisone è possibile ritrovare tutt’ora un – caratteristico – tale che si fa
chiamare Punkrazio il quale fondò una fanzine (rivista indipendente
specializzata, ndr) dal nome Nuova Farenheit. E questa ebbe pure una
grande diffusione a livello nazionale. Non si può non tacere il caso della
persona di Magù, altro attivista punk friulano che in un periodo privo di
mezzi mediatici riusciva a reperire tutti gli ultimi dischi di gruppi inglesi ed
europei che comprava (ordinandoli via lettera!) e rivendeva ai concerti
indipendentemente, contribuendo così alla diffusione di questo movimento
culturale.

Cosa ci dici del concerto dei “Dead Kennedys” a Gorizia?
Nell’82 il famoso gruppo californiano avrebbe dovuto tenere un concerto a
Milano. Ma a causa di screzi tra promoter e locale il concerto stava per
essere annullato. I fedelissimi dell’ambiente punk milanese in un paio di
giorni riuscirono ad individuare una location alternativa: il palasport di
Gorizia. Anche questo dimostra che per il punk non è sempre necessario
Nell’82 il famoso gruppo californiano avrebbe dovuto tenere un concerto a
Milano. Ma a causa di screzi tra promoter e locale il concerto stava per
essere annullato. I fedelissimi dell’ambiente punk milanese in un paio di
giorni riuscirono ad individuare una location alternativa: il palasport di
Gorizia. Anche questo dimostra che per il punk non è sempre necessario
avere una grande casa di produzione alle spalle, le cose si fanno lo stesso.
Ed è proprio questo il suo spirito do it yourself, che sintetizza un’istanza più
politico-storica che musicale. Il punk si fonde con il contesto sociale. Tanto
è vero che i più grandi concerti si svolgevano, e tutt’ora si svolgono,
all’interno di centri sociali e non in locali.

Quali erano i principali gruppi punk goriziani?
I più importanti erano gli Warfare, famosi anche fuori dal contesto goriziano.
Il loro cantante, Richard Russian, oggi ha a Gorizia un negozio di prodotti
biologici (potete anche andare a trovarlo!), retaggio di un passato à rebours.
Aveva poi un’etichetta chiamata Nuclear Sun Punk che pubblicò una
ventina di dischi, alcuni anche di gruppi europei famosi, ovviamente in
modo – in senso stretto – indie. Altro esempio è la Fottutissima Pellicceria
Elsa. Anche se bisogna dire che era Udine il focolaio maggiore.

Dunque il punk ha avuto il suo maggiore sviluppo al Nord?
Sicuramente al Nord si ci affaccia su uno scenario molto più variegato, ma
anche al Sud vi furono diversi centri interessanti tra i quali spiccava quello
di Bari.

Esiste ancora il punk?
Si, esiste. È un movimento e non uno stile musicale. Per questo è ancora
vivo. C’è stata una crisi, in realtà, da fine anni 80 a inizio 90 a causa dello
sviluppo di due correnti : il rap e la techno. Il loro spirito inizialmente era
simile a quello punk: la voglia di costruire qualcosa era un concetto base
per entrambe. La techno tuttavia si è persa nei meandri della dissoluzione
improduttiva sull’onda dei No Futures. Ma il punk esiste ancora. Basta
venire a uno dei concerti che organizziamo e vederlo con i propri occhi.


Mappa di alcuni gruppi musicali. [A Gorizia la Fottutissima pellicceria Elsa]. In realtà ve ne furono molti altri. Segnalati qui ci sono quelli piú menzionati nelle punkzine, chi si era autoprodotto dischi o audiocassette, chi aveva suonato al Virus e in altri centri autogestiti o in iniziative autorganizzate.
Philopat Marco, Costretti a sanguinare. Il romanzo del punk italiano 1977-1984, Einaudi, Torino, 2006

Pubblicato in movimento | Commenti disabilitati su Fottutissima Pellicceria Elsa

Piazza Fontana 12 dicembre 1969

 

Più di quarant’anni sono passati da quel 12 dicembre che ha cambiato la storia d’Italia. Meno di un mese fa assolti per insufficienza di prove i cinque imputati dall’accusa di aver organizzato ed eseguito la strage di piazza della Loggia a Brescia.

E così, anche per la strage di Piazza della Loggia, nessun colpevole. La strategia della tensione, che ha massacrato decine e decine di cittadini inermi, rimane impunita sottolineando ancora una volta come la giustizia e la verità non stiano nei tribunali, ma nei cuori degli sfruttati.

Noi, ancora una volta, non dimentichiamo:

 

DOMENICA 12 DICEMBRE

ORE 21.00

A DOBIALAB

Via Vittorio Veneto, 32 – Staranzano

PROIEZIONE DEL DOCUMENTARIO “LA NOTTE DELLA REPUBBLICA: PIAZZA FONTANA” di Sergio Zavoli

INTERVERRANNO:

Claudio Venza docente di storia contemporanea all'Università di Trieste e militante all'epoca dei fatti

Mario Verzegnassi per l'Unione Sindacale Italiana – AIT e testimone della repressione nell'isontino dopo la strage di piazza Fontana

———————————————————-

Estratto del dialogo tra Mario Verzegnassi e Claudio Venza sulla strage di piazza fontana del 1969 e i suoi riflessi nell'isontino.

Dobbia di Staranzano 12 dicembre 2010

 Mario Verzegnassi: Avevo iniziato l'università mi riconoscevo nel movimento anarchico da un annetto circa – dal maggio francese – non avevo preso contatti con voi [gruppo Germinal di Trieste] che avrei preso nella primavera successiva e facevo quello che potevo fare: un minimo di propaganda.

La sera del 12 dicembre ero a casa mi ricordo molto bene sento per radio questa notizia e la prima cosa che ho pensato: sono stati i fascisti.

Quando ho saputo invece che hanno cercato di incastrare noi ovviamente [ho pensato] sono pazzi.

Secondo me, in realtà, la bomba di piazza fontana, per come è stata gestita immediatamente dopo, era qualcosa che era già stato messo in conto ed aveva avuto già un iter operativo ben preciso.

Perché dico questo, perché non è un caso che immediatamente dopo, quindi attraverso veline che partono dal ministero degli interni, si comincia a fare una serie di perquisizioni mirate in tutta Italia. Non so se sono state alcune migliaia quelli che hanno avuto perquisizioni in casa. Io so – hanno detto – che solo a Milano un centinaio. Trieste non lo so, non me lo ricordo.

 Claudio Venza: una quindicina.

MV: una quindicina. E in provincia nostra una decina da quello che io so. Tra l'altro sono state perquisite le case di almeno tre militanti del vecchio gruppo anarchico di Monfalcone (se volete poi possiamo anche parlarne) e tra l'altro anche di alcuni altri esponenti di Gorizia e sempre della provincia dell'isontino. Anche gente de Il Manifesto: un paio de Il Manifesto di Gorizia che conoscevo, poi uno dei primi marxisti-leninisti quando ancora non c'erano le strutture dei partiti dietro: tipo partito comunista d'Italia, M-L, CML che sono usciti dalla storia e sono solo sui libri di testo. E ancora qualcuno. Uno dell'MPL mi pare sempre a Gorizia.

 CV: MPL chi vuoi che sappia cos'era.

 MV: la sinistra aclista.

 CV: perché anche le ACLI erano state coinvolte nel '68-'69.

 MV: Esatto. Quindi in realtà erano state fatte delle perquisizioni negli ambienti che erano al di fuori dei partiti istituzionali. Quella volta oltre al PCI e al partito socialista c'era anche il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria – il PSIUP – che era una scissione a sinistra del partito socialista e che era il massimo consentito dal punto di vista dello schieramento politico per cui dopo di là il diluvio. Nel senso che il PSIUP erano così: sì coprivano Basaglia e comunque portavano avanti le istanze della rottura coi manicomi però erano ancora controllabili. Tutto quello che c'era al di fuori e al di là di queste formazioni politiche evidentemente era terra di nessuno ed è stato fatto – siccome sono andati in maniera estremamente selettiva o a casa dei giovani compagni al fine di creare casini in famiglia o anche in casa di compagni, per esempio qua a Monfalcone c'era un gruppo anarchico già dagli anni '50. A inizio anni '50- metà anni '50 c'era la federazione anarchica giuliana che era formata da tre gruppi il Germinal di Trieste, un gruppo di Muggia e da un gruppo di compagni di Monfalcone. Questi erano quasi tutti quanti che io mi ricordi operai dei cantieri ed avevano agli inizi degli anni '60 rafforzato il gruppo e erano non su posizioni sindacali – credo fossero tutti quanti della FIOM – non c'era una proposta di un sindacato come l'Unione Sindacale Italiana – che in quegli anni già c'era tra l'altro – ma un lavoro di specifico. Questo – mi dicevano i compagni che ne facevano parte che ho avuto la fortuna di conoscere ormai quasi 40 anni fa – aveva portato a un grosso attrito tra loro e le dirigenze del PCI e anche della stessa CGIL dei cantieri anche con minacce a livello fisico.

Dopo le perquisizioni che avvengono subito dopo – credo 2 giorni dopo quindi il 14, 15 quei giorni lì – qua a Monfalcone perquisiscono le case di tre compagni: uno si chiamava Capra, uno era Malaroda e il terzo Miniussi, che praticamente erano i più attivi. Cioè c'era un gruppo che operava all'interno dei cantieri di Monfalcone dove c'erano 3 o 4 militanti e una decina di lavoratori che facevano riferimento a loro. Dopo le bombe anche in seguito a queste perquisizioni che – ovviamente non trovano niente, portano via materiale che era il solito materiale che poteva girare in quel periodo. Numeri di Umanità Nova o altri giornali che uscivano, qualche opuscolo di argomento antimilitarista creando tali casini anche a livello familiare che il gruppo esplose. Dopo di che dalla fine del '69 prima di parlare del tentativo di costituzione di un gruppo libertario qua a Monfalcone passano un paio d'anni, ha vita effimera e praticamente dura un paio di anni e a metà degli anni '70 si chiude tutto e questa è quello che io mi ricordo di quel periodo per quanto riguarda la situazione locale.

È chiaro che loro hanno voluto – quando parlo di “loro” intendo ministero degli interni evidentemente e anche quegli ambienti che avevano più gestito (non posso dire chiesto ma senz'altro gestito a livello politico) le bombe di piazza fontana e questo è indubbio – c'era la volontà che poi è stata frustrata come ha detto Claudio di azzerare un movimento in crescita. Il guaio è che in parte ci sono anche riusciti nel senso che '68 e '69 sono i due anni cosiddetti dell'autunno caldo del '69 dei lavoratori e il '68 degli studenti inutile dire di più.

Dopo le bombe succedono alcune cose molto interessanti:

1 – si chiudono i contratti di lavoro. Subito. Mentre prima c'era tutto un discorso sull'ampliamento della scala contrattuale, sul bisogno di uscire dalle compatibilità ecc. ecc. i contratti vengono firmati a tappeto uno dopo l'altro. Pochi mesi dopo esce lo statuto dei lavoratori. Lo statuto dei lavoratori è in realtà una legge di mediazione – che adesso sia da difendere siamo perfettamente d'accordo perché i governi già da diversi anni stanno cercando di smantellarlo – però in realtà lo statuto dei lavoratori aveva dei grossi limiti che non è questo il momento di andare a discutere quali erano. Comunque rappresentano nel bene o nel male la pietra tombale del movimento sindacale.

Questo secondo me è l'aspetto negativo. Tutto quanto il movimento in particolare quello libertario, ma non soltanto, a questo punto si impegna sopratutto in quel che riguarda la controinformazione e nella denuncia di quello che stava succedendo con le bombe, dopo le bombe e tutto quello che poi c'è stato in quegli anni a scapito dell'intervento nel sociale. Questo il movimento nostro l'ha pagato duramente. Queste sono mie deduzioni. L'ha pagato duramente in quanto appena nel 1975-76 si parlerà nuovamente di un intervento nel sociale quindi anche sul posto di lavoro del movimento libertario quando ci sarà stata tutta la stagione della controinformazione che ovviamente era non necessaria, di più comunque è stato anche quello un costringere un movimento che stava andando all'attacco su una posizione di difesa: quindi qualcosa sono riusciti a fare.

CV: Però nel '71, ad esempio, nasce A-Rivista anarchica quindi una rivista che adesso ha 40 anni.

 MV: son andato io come delegato del gruppo di Trieste se ti ricordi bene.

 CV: Anche questo è uno strumento nuovo che ha cambiato il panorama delle capacità di far circolare certe idee.

 

Pubblicato in appuntamenti, repressione | Commenti disabilitati su Piazza Fontana 12 dicembre 1969

Rilanciamo la lotta per la chiusura del CIE di Gradisca d'Isonzo

Siamo stati tutti idealmente sulla gru a Brescia, ma in realtà nessuno di noi lo farebbe o ce la farebbe. E’ stata una lotta incredibile, un’avventura che riesce grazie alla forza della disperazione, ma anche per merito di quelle abilità acquisite solo da parte di chi sa convivere con i disagi, il pericolo, il rischio, il vuoto e le intemperie. Meritavano un elogio, un premio, un permesso di soggiorno e un posto di lavoro ed invece che fine hanno fatto? Quello che si sa è che per intanto vari immigrati che manifestavano sotto la gru sono stati presi, messi nei CIE e poi deportati. Questa valutazione sulla temerarietà di queste persone, va considerata anche quando si parla dei CIE, strutture, in quanto tali, di tortura psicologica, peggio delle carceri. Infatti è perfino ovvio che da un carcere hai la speranza, un giorno, di ritornare in libertà ed invece un Centro di Identificazione ed Espulsione ti comunica lo stato d’animo che per te è finita. Un CIE trasforma persone in cerca di fortuna in persone prive di speranza e quindi disposte a tutto, pur di fuggire, anche all’autolesionismo sempre più cruento, nonostante il tasso effettivo di rimpatri, sia com’era chiaro, e come è confermato dai fatti, molto basso (30%). I CPT di Turco-Napolitano ed ancor peggio i CIE di Maroni sono, anche in una logica interna al sistema, strategie sostanzialmente inutili (e molto costose!) per i rimpatri e per la riduzione del tasso di “clandestinità”.

E’ ormai chiaro che lo scopo primario dei CIE è politico e propagandistico nonché un buon affare per chi li costruisce, li gestisce e li ristruttura.

La storia del CIE di Gradisca d’Isonzo, da questo punto di vista, cioè come imbroglio politico, è particolarmente scandalosa. L’idea fu partorita ancora dal centro sinistra con Enzo Bianco come Ministro dell’Interno, per un’emergenza confinaria locale, poi del tutto risolta.

Nella foto, Enzo Bianco e Giorgio Brandolin (Presidente della Provincia di Gorizia a quel tempo) sul confine con la Slovenia il 6 dicembre 2000. 15 giorni dopo questa visita era già pronto il Decreto di istituzione del CPT. "Con Decreto interministeriale del 22.12.2000 parte della ex caserma Ugo Polonio di Gradisca d'Isonzo è stata individuata quale centro di permanenza temporanea ed assistenza di cui all'art, 14 del Testo Unico 25 luglio 1998 n° 286." Ed ancora: "Con decreto del Ministero dell'Interno n. 300 del 6 marzo 2001 i lavori di realizzazione di suddetto centro sono stati secretati per cui la relativa aggiudicazione è avvenuta in deroga al disposto della legge 11 febbraio n° 109 ricorrendo l'ipotesi prevista dall'art. 33 della stessa legge" (fonte Prefettura di Gorizia). In realtà il CPT non aprì subito, in primo luogo perché non più “necessario” al territorio e poi perché probabilmente avevano deciso di farci sopra una mangiata con un’opera di ristrutturazione pompata. Successivamente il sito, oramai politicamente ed istituzionalmente sdoganato, è stato ereditato dal centro destra che lo ha trasformato in un affare milionario e in una struttura ritenuta d’importanza strategica nazionale (anche se continuavano a raccontare che doveva servire al massimo al bacino del Nordest). Il CPT è stato aperto nel marzo 2006 ed il nuovo Governo Prodi, che aveva promesso di chiuderlo, in realtà lo ha lasciato in funzione ed i politici del centro sinistra regionale si sono così definitivamente smascherati. Però, in pochi anni, con nostra grande soddisfazione, i reclusi hanno sfasciato tutto. Nuie pôre, e àn dite i sorestans: “fa e disfà al’è dut un lavorà”. E allora giù altri soldi ed altri appalti, più o meno trasparenti, per continuare con quest’aberrazione. Infatti tra breve il CIE verrà temporaneamente svuotato per i lavori di ripristino, ma crediamo che non durerà a lungo integro.

Speriamo quindi in un risveglio nella Città di Gradisca dì Isonzo, oramai oggettivamente stressata da questa situazione, ma anche e soprattutto, nella coscienza civile di tutta le Regione per rimettere all’ordine del giorno il problema della chiusura definitiva del CIE di Gradisca che rappresenta una vergogna ed un corpo estraneo per tutta la popolazione di buon senso della nostra Regione. Per il CIE di Gradisca il movimento di opposizione ha già subito varii processi, costruiti allo scopo di reprimere le lotte; si trattava di montature messe in piedi da Carabinieri, Prefettura e Questura e ai processi tutti gli imputati sono stati assolti.

La lotta per lo sradicamento del Lager di Gradisca non può fermarsi e dopo un paio d’anni di stanca e di latente accettazione ci sembra indispensabile rilanciare la mobilitazione per la chiusura completa di questo obrobrio .

INIZIATIVE:

Ad Udine il “Centro Sociale Autogestito in esilio” dedicherà il pignarûl del 6 gennaio 2011 (che si svolgerà con ogni probabilità nel parcheggio dell’ex frigorifero vicino a Piazzale Cella). oltreché alla lotta contro la repressione, anche all’antirazzismo e alla chiusura del CIE.

A fine gennaio – primi di febbraio (data da definirsi) si svolgerà un’assemblea pubblica nella Sala Bergamas a Gradisca d’Isonzo per lanciare la proposta di una manifestazione Regionale per la chiusura del CIE di Gradisca da svolgersi nel marzo 2011, a cinque anni dalla sua apertura, per chiudere questa pagina nera nella storia della nostra Regione.

Coordinamento Libertario Regionale contro i CIE

VOLANTINO

www.info-action.net

Pubblicato in antirazzismo, appuntamenti | Commenti disabilitati su Rilanciamo la lotta per la chiusura del CIE di Gradisca d'Isonzo

NO OGM – Terra e libertà

MANIFESTAZIONE A PORDENONE

Sabato 2 ottobre ore 16.30

concentramento in piazzetta Cavour

terra e libertà

Pubblicato in appuntamenti, controinformazione | Commenti disabilitati su NO OGM – Terra e libertà

Tempo di vendemmie

Il vino, da destra a sinistra, da Zaia a Slow Food, va di gran moda; i calicioni di Boemia roteanti il nettare donano sempre un tocco rural-chic agli ambienti post-moderni.

Materialmente, pero’, il vino CHI lo fa?

Piace pensare che siano degli individui con il cognome riportato sull’etichetta, al 99pc pero’ sono dei comuni operai e tecnici, come in qualsiasi altra industria.

I signori dell’etichetta, tranne poche eccezioni (aziende piccolissime) sono dei comuni imprenditori che esercitano la loro professione con delle peculiarita’ pero’ rispetto agli altri settori. I punti qui sotto non si riferiscono ai “cattivi”, ma all’esperienza diretta in aziende, come si suol dire, D’ ECCELLENZA.

1) La loro produzione dipende ed e’ parte di un ecosistema. La nozione, banale, non lo e’ altrettanto per gran parte di questi signori. Se il loro reddito dipende dalla natura, possono modificare la natura per il loro reddito. Sbancano e recintano colline con i finanziamenti pubblici: estirpi un vigneto? Ti finanziamo perche’ di vino ce n’e’ troppo; pianti un vigneto? Ti finanziamo perche’ fai il bravo imprenditore. Utilizzano per una buona decina di volte l’anno prodotti chimici di sintesi. “Il glifosate (erbicida ndr)?  E’ meno dannoso del sale da cucina!” quante volte l’abbiamo sentita pronunciare… si cerchino in rete le ricerche sui derivati del glifosate nelle falde (vedi anche ogm resistenti al g.). Poi i ditiocarbammati (cancerogeni, dannosi per gli insetti, anche quelli utili…allora via di acaricidi!) che sarebbero meglio del rame che usano quei fricchettoni del biologico (certo, il rame si accumula nel terreno e bene non fa, si dimenticano pero’ che nel bio ci sono limiti strettissimi sull’uso del rame, e nei prodotti sistemici spesso e volentieri il rame e’ in coformulato). Anche I lavoratori del vigneto possono beneficiare degli effetti perche’ i trattamenti quando serve vanno dati… e tu che lavori non torni mica a casa?

Bisogna tenere in considerazione che, nonostante siano perlopiu’ “studiati”, gli imprenditori agricoli si affidano ciecamente per la salute del proprio campo, ai rappresentanti venditori delle aziende (che magari hanno meno titoli ed esperienza di loro). Non hai mai avuto, chesso’, la peronospora, ma se il rappresentante ti dice che il nuovo prodotto te ne fa avere ancora di meno, anche se coltivi a risaia l’interfila, gli dici di no?

2) Gli imprenditori contano, come detto in precedenza di cospicui finanziamenti, per comprare fantastiche apparecchiature da 50.000 euro, che non vengono mai usate perche’ viene di meno un operaio a fare il lavoro a mano che il tecnico della ditta per la manutenzione.

Lorsignori vogliono costruirsi una cantina/reggia con affreschi e marmo di Carrara nelle canalette? E io pago…

3) In agricoltura il lavoro e’ regolamentato in maniera molto particolare. Esistono gli stagionali, con contratto a tempo determinato che magari seguono tutte le fasi della produzione, ma stagionali restano. Naturale, quando raccolgo ho bisogno di piu’ gente del normale, ho bisogno di una certa flessibilita’.

Quanto tempo si resta stagionali? Non c’e’ limite, puoi andare avanti di mese in mese di contratto in contratto anche tutta la vita. In questo modo il lavoratore non e’ mai ricattabile…

Come si viene pagati? Solo ed esclusivamente per quello che si lavora, a ore. Cash: 8,38 lordi, piu’ o meno 6,5 euro netti/ora. Essendo una busta paga dipendente ESCLUSIVAMENTE dal tempo lavorato, pagare in nero e’ prassi comune.

Ferie? Comprese nella paga.

13ma? 14ma? Vedi sopra.

Permessi? Vedi sopra.

Malattia: paga tutto l’INPS.

Mi ammalo/resto incinta in scadenza di contratto? Cazzi tuoi.

E quando sto a casa senza lavoro? Il sig. etichetta non spende una lira, l’INPS a fine anno elargisce una cospiqua disoccupazione agricola (anche 3000 euro).

Orari? Praticamente non esistono. Si lavora 10 ore al giorno ma non si assume, c’e’ crisi.

Novita’ degli ultimi anni: I voucher. Riportiamo per brevita’ da un comunicato della CGIL:

“Il voucher è uno strumento di retribuzione per i lavori accessori occasionali, la cui estensione potrebbe portare alla destrutturazione del mercato del lavoro e non solo di quello agricolo (estensione gia’ avvenuta poco a poco a quasi tutte le categorie, ndr). Pubblicizzato come la soluzione per fare emergere il lavoro nero, il ricorso ai voucher di fatto cancella anni di lotte e di conquiste da parte dei lavoratori: cancella il contratto nazionale, cancella i riferimenti retributivi, cancella l’accesso al sistema previdenziale ed assistenziale; rischiando, inoltre, in un periodo così tragico a causa della crisi, di scatenare una guerra fra poveri, tra coloro che strutturalmente lavoravano in taluni comparti – l’agricoltura ne è solo l’esempio più eclatante – e coloro che sono disposti ad andare a lavorare con il voucher pur di avere un reddito o di arrotondare gli ammortizzatori sociali.”

Alcune aziende per carenza di manodopera “importano’ degli stagionali dai paesi dell’est, altre aziende si affidano a societa’ che svolgono lavori conto terzi con lavoratori asiatici. Alcune “assumono” dei pensionati, altri preferiscono I lavoratori sloveni, altri ancora praticano trattamenti salariali differiti tra italiani e non.

Queste condizioni generano dei lavoratori, gia’ per “ideologia agraria” poco coscienti, ancor piu’ sottomessi, frustrati e sfruttati. Di conseguenza le figure di comando, padroni, enologi, capi e capetti sviluppano un'arroganza senza paragoni. I sindacati sono inesistenti in quasi tutte le aziende, in quelle piu’ grandi sono presenti dei burocrati-pompieri, buoni a tenere calmi, se ce ne fosse bisogno, ed a intascare i soldi del tesseramento per sbrigare delle pratiche da patronato.

In attesa del sol dell’avvenir, mi accontenterei di non veder venerare dai radical-chic e non-chic questi “vignaioli” e di sentirli chiamare col loro nome: PADRONI.

Pubblicato in controinformazione | Commenti disabilitati su Tempo di vendemmie

1860-2010 RICORDI

Pubblicato in anticlericale | Commenti disabilitati su 1860-2010 RICORDI

NÉ OBBEDIRE NÉ COMANDARE

Pubblicato in appuntamenti | Commenti disabilitati su NÉ OBBEDIRE NÉ COMANDARE