MONFALCONE: CONTROLLO E REPRESSIONE

 

Sabato 6 febbraio prima dell’alba (l'operazione cominciata alle 3 di notte si è protratta fino alle quattro del pomeriggio) vengono perquisite da un’ottantina di carabinieri con il supporto delle unità cinofile e, nel comune di Grado, anche con l'ausilio della polizia municipale le case di 27 ragazze/i del monfalconese di età compresa tra i 17 e i 23 anni. I giovani vengono poi tutti mandati al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Monfalcone blindato dalle “gazzelle”, dove vengono sottoposti al test delle urine. Il tutto alla presenza delle forze dell'ordine e sotto lo sguardo attonito dei presenti che non potranno far altro che constatare lo stato di prostrazione dei ragazzi, alcuni dei quali in lacrime, mentre attendevano il proprio turno per farsi ispezionare.

In seguito alle analisi ci saranno 21 segnalazioni di persone qualificate come assuntori mentre sei persone sono state denunciate per cessione di sostanza stupefacente (in sostanza il passaggio dello spinello o di piccole quantità di droghe leggere).

Il fatto che nessuno si sia opposto – come garantito dalla legislazione – a questo “monitoraggio sanitario” in ospedale al fine di farsi analizzare i fluidi corporei è forse da attribuire alle modalità dure, violente e potremmo dire terroristiche con cui si è svolta tutta l'operazione: irruzione nel cuore della notte nell'intimità violata delle case dei propri genitori di uomini in divisa accompagnati da cani antidroga con la minaccia di esami medici per investigare il proprio corpo.

Il colonnello che ha diretto l'azione – tra ingenuità, sarcasmo e cinismo – si è poi perfino dichiarato sorpreso che ci sia stato addirittura qualcuno dei genitori che è rimasto infastidito dall’arrivo a casa dei carabinieri quando ancora era buio…

I quantitativi di droga trovati nelle abitazioni poi sono decisamente esigui: pochi grammi di hashish ed erba, qualche seme di marijuana (il cui possesso tra l'altro è legale) e un paio di pastiglie di ecstasy.

Questo ultimo fatto è l'elemento peculiare di questa operazione.

Secondo le stesse parole dei militari infatti l’azione non era rivolta a reprimere il traffico e punire lo spaccio, bensì fungeva da “avvertimento” nei confronti dei ragazzi e delle famiglie, in quanto dalle indagini erano state individuate delle compagnie “a rischio”.

Sono quindi proprio le parole delle forze dell’ordine a far capire la degenerazione alla quale siamo giunti: l’operazione viene definita a carattere “preventivo” e volta a «dare un segnale volendo incidere sulla consapevolezza dei giovani ai fini del recupero di un sano stile di vita … e una sorta anche di raccomandazione alle famiglie sollecitandole a mantenere l'attenzione verso i propri figli, rilevando così lo spessore sociale dell'operazione medesima».

Un'operazione pedagogica, quindi. O – visti i metodi – terroristica, come detto.

Monfalcone non è nuova a queste operazioni: un anno fa si è svolta “Operazione blu” in cui valanghe di fango sono state gettate su sei ragazzi (tre dei quali militanti in associazioni antirazziste e anti proibizioniste), costretti a settimane di carcere per un vero e proprio teorema dimostratosi una montatura con il rilascio e assoluzione di tutti gli indagati. Proprio per gli abusi di potere durante le indagini invece era poi stato indagato per calunnia, minacce, ma anche con aggravanti l’abuso e il falso in atti d’ufficio, il locale Comando dell’Arma.

Intanto l'ex dirigente della Squadra Mobile di Gorizia, Carlo Lorito, è stato condannato a due anni di reclusione – con la sospensione condizionale – per favoreggiamento e rivelazione di segreti d'ufficio sempre in un processo legato allo spaccio di droga.

All’epoca di “operazione blu” ci fu molto scalpore ed una partecipata manifestazione in piazza; invece dopo questa nuova operazione, per molti versi ancora più inquietante, le reazioni sono state molto più tiepide. A parte il troppo timido dissenso dell’assessore alle politiche sociali e degli avvocati della camera penale di Gorizia, si è steso il solito velo di paternalismo (con il prete in prima fila ad elargire retorica su famiglia e sofferenza), ma pochi sembrano aver colto la portata di questo attacco ai corpi di 27 giovani vittime della prepotenza delle forze dell’ordine, che ora si arrogano anche la delega alle politiche giovanili e all'educazione.

I carabinieri in regione si sono già distinti per l'intensa attività repressiva spesso autonoma da altri organi dello stato: dalle indagini dopo la morte di Eluana Englaro, alle accuse di favoreggiamento finalizzato allo spaccio di droga per gli organizzatori del festival internazionale di reggae Sunsplash (che ora si è esiliato in Spagna) fino allo sgombero del centro sociale autogestito di Udine.

In questo caso quello che più ci indigna e preoccupa è – oltre alla violenta umiliazione a cui sono stati sottoposti dei ragazzini poco più che adolescenti e le loro famiglie – il fatto che si sanzioni un comportamento che viene ritenuto “deviante” e “malsano” in favore di una presunta ed arbitraria “normalità” per la quale diventa lecito ogni atto di controllo e repressione esercitato direttamente da parte delle forze dell'ordine senza neppure la delega a tecnici come psichiatri, assistenti sociali, insegnanti o simili.

Giovedì 18 si terrà in Officina Sociale Monfalcone – che ospita un centro a bassa soglia in cui operano alcuni degli arrestati nell'operazione dell'anno passato – un incontro assemblea sulla legge Fini-Giovanardi ed i suoi effetti e ci auguriamo che ne possa partire un movimento che si opponga al clima di restrizione globale degli spazi di vita e di socialità, di impegno politico e civile, di qualunque attività, condotta o pensiero che non si adegui all’universo ideologico e dominante.

Per la libertà delle condotte e l'autodeterminazione.

 

un compagno del coordinamento libertario isontino

http://libertari-go.noblogs.org/


da Umanità Nova del 21 gennaio 2010

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