Ora che la curva epidemica è in discesa in tutta Italia, possiamo tirare un sospiro di sollievo e iniziare una riflessione sulla grave crisi sanitaria e sociale che l’epidemia del covid19 ha fatto drammaticamente emergere.
Questa pandemia ha evidenziato come il problema principale non sia il virus – con le sue mutazioni, il salto di specie, la sua alta contagiosità e le sue elevata letalità – bensì le contraddizioni insanabili di questo modello di sviluppo economico neoliberista.
La coscienza che questa pandemia ha reso evidente è che il vero problema sta a monte: nella relazione uomo-natura, nel tipo di dinamiche economiche e produttive che stanno rapidamente portando l’intero pianeta ad un punto di non ritorno e nelle relazioni politiche e sociali di comando che sovrastano le nostre vite nelle relazioni lavorative e nelle spaventose diseguaglianze nell’accesso ai beni necessari. In estrema sintesi nel sistema economico e politico di comando capitalistico attraverso lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla natura.
Queste parole che possono apparire retoriche ed ideologiche trovano, invece, conferma nella realtà del nostro vivere quotidiano e nella semplice osservazione delle condizioni di vita che vengono imposte alle popolazioni.
La comunità scientifica aveva già da molti anni previsto la possibilità di una grande pandemia dopo l’H1N1, la SARS e la MERS ed aveva lanciato l’allarme affinché si disponessero le misure necessarie ad affrontare una nuova crisi sanitaria. In realtà nulla è stato fatto: l’allarme della comunità scientifica è stato semplicemente ignorato.
I sistemi sanitari a livello globale, in misura più o meno simile, si sono ritrovati nell’incapacità di affrontare la pandemia. Sono risultate evidenti le carenze di personale adeguatamente formato, l’insufficiente numero dei posti letto nelle terapie intensive, la carenza di ventilatori polmonari, di supporti respiratori fino alla mancanza dei normali dispositivi di protezione individuale.
Una pandemia affrontata alla cieca, senza alcuna pianificazione sanitaria.
Tutto ciò non è stato casuale né frutto di un destino malevolo.
La prevenzione primaria costa e non crea profitto per le grandi multinazionali del farmaco che investono solo se c’è da guadagnare. La politica sanitaria è caratterizzata da decenni di tagli ai finanziamenti alla sanità pubblica, dalla riduzione strutturale del numero degli operatori sanitari attraverso il blocco del turnover, dal ricorso sempre più frequente ai contratti a tempo determinato.
Soprattutto è il frutto di un processo di privatizzazione della sanità pubblica con l’esternalizzazione dei servizi (trasporti, pulizie, mense) affidate a cooperative con bandi di concorso a ribasso. Nel contempo – e qui la situazione lombarda ne è l’esempio più clamoroso -, si è favorita la sanità privata attraverso il sistema delle convenzioni in cui a pagare sono i cittadini attraverso le tasse ed a guadagnarci i privati convenzionati.
I tanto lodati eroi contro il coronavirus sono lavoratori e lavoratrici del sistema sanitario che per mesi hanno dovuto operare nella drammatica insufficienza di dispositivi di sicurezza e protezione, affrontando turni di lavoro massacranti per una retribuzione che è sostanzialmente bloccata da almeno 10 anni.
Il personale assunto dalle cooperative si trova in situazione ancor peggiore: spesso i DPI gli sono stati negati e gli è stato imposto il silenzio sulle condizioni di lavoro. Date le garanzie contrattuali pressoché inesistenti, a molti è stato ridotto d’imperio l’orario di lavoro con la conseguente e sostanziale riduzione del già magro salario. E’ il caso, ad esempio, delle lavoratrici delle cooperative di pulizia che, oltre ad essere state per mesi senza le mascherine, hanno dovuto accettare importanti riduzioni di paga. Analogo discorso vale per le strutture private, in modo particolare per gli operatori delle case di riposo, miniere d’oro per imprenditori e speculatori, che hanno visto in alcuni casi percentuali di lavoratori contagiati superiori al 60%.
Il prezzo della crisi sanitaria, sociale ed economica lo pagheranno sempre i più poveri, gli ultimi.
Lo pagheremo con milioni di disoccupati, con la drastica riduzione del reddito e l'emarginazione sociale.
Quello che questa pandemia ci ha insegnato, facendo emergere in modo così violento ed evidente le contraddizioni insanabili di questo modello di sviluppo, è proprio questo: il coronavirus, si chiama Sars 2 (secondo), è un virus mortale ma non è il primo ed era ampiamente previsto da anni. La letalità e la contagiosità del Covid è legata al contesto sociale dei vari Paesi colpiti dal virus. Nei Paesi dove resistono politiche sanitarie pubbliche i numeri del contagio sono stati ben diversi da quelli dei Paesi dove le politiche sanitarie sono conseguenti ad un sistema economico capitalista fondato sullo sfruttamento. Un sistema contro natura nel senso letterale del termine.
CIRCOLO LIBERTARIO CAFFE’ ESPERANTO
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