Intervento di Federico Venturini nel "boschetto che non c'è"

Intervento di Federico Venturini nel "boschetto che non c'è"

Importante uscire dall’ufficio, uscire dall’università e mettere al servizio di cause sociali come la vostra quello che cerchiamo di sviluppare all’interno dell’università. Molto spesso si dice che l’università è una torre d’avorio, in realtà l’idea è proprio di rompere questa idea è cercare di mettersi al servizio di un cambiamento sociale. Non semplicemente costruire o scrivere degli articoli che magari nessuno mai leggerà. Quindi essere qua e mettere a disposizione quello che noi facciamo secondo me è assolutamente importante. E quindi anche le vostre attività che fate sul campo danno comunque la possibilità anche a noi di continuare a sviluppare delle nuove relazioni, di sviluppare dei nuovi progetti e così via. 

Prima di tutto ci tengo a precisare che non sono un super esperto di consumo di suolo e non penso nemmeno che la serata di stasera necessiti un approfondimento solo e specifico sul consumo di suolo. Quello che io vorrei portare con le mie conoscenze è cercare di aprire un pochino la percezione, cercare di aprire un pochino il discorso al di là di un problema enorme come quello del consumo di suolo e cercare di inserirlo in un discorso molto, molto più ampio. Ci tengo anche a precisare che non sono di questa comunità, arrivo da Udine, la mia conoscenza del progetto che si sta cercando di sviluppare qua mi arriva dagli articoli di giornale, dalle informazioni che mi sono state date. Ho letto le deduzioni contro il progetto che sono state portate avanti però ci tengo a precisare che non abito qua come molti di voi. 

Vorrei partire da un concetto che molti di noi sentono quasi quotidianamente dai giornali, dalle TV e di cui ci riempiamo veramente la bocca che è quello della sostenibilità. La sostenibilità sembra… Se qualcosa è sostenibile allora bisogna farlo. Se è sostenibile si trovano anche i soldi. In realtà sta diventando nel corso degli anni un concetto chiave che è sempre più svuotato di significato. Cosa vuol dire poi in realtà sostenibilità? In una concezione anche un po’ datata si può dire che la sostenibilità è basata su tre concetti, quindi deve essere sostenibile da un punto di vista sociale, quindi se si fa un progetto deve essere al servizio della comunità. Deve essere sostenibile dal punto di vista ambientale. Quindi non devono esserci impatti troppo importanti verso la natura, devono essere rispettati gli habitat e così via. E poi c'è il famoso terzo pilastro che è la sostenibilità economica. Questi tre punti, insomma, dovrebbero essere più o meno equilibrati. In realtà la sostenibilità economica è quello che fa un po' da padrone. Cosa vuol dire sostenibilità economica però? Che è un progetto che quando viene valutato deve avere una funzione economica per la società. Se un progetto ha un costo economico troppo elevato perché magari considera troppo la sostenibilità o sociale o ambientale  viene bocciato. Quindi quando si parla di sostenibilità bisogna andare a vedere nei dettagli che cosa noi intendiamo. Spesso quando si parla di progetti, di investimenti, l'aspetto economico fa sempre la parte più importante. Quando appunto noi parliamo di sostenibilità, molto spesso viene calato all'interno delle città. Le città sono dove la società si è sviluppata da un punto di vista storico. È dove le società hanno avuto la possibilità di crescere e di svilupparsi e nel corso degli anni hanno dato e sono gli unici spazi per la nostra società dove riusciamo in maniera efficace a dare dei servizi, dei servizi necessari. Come può essere quello di avere un ospedale, come può essere quello dell'educazione. Quindi è all'interno di città che noi abbiamo le scuole, che noi abbiamo le università che sono i luoghi fondamentali dove vengono formati i futuri cittadini e dove in poi si vengono a creare anche le conoscenze per una nuova società per il futuro. Quindi in realtà il progetto che viene fatto, che si vuole fare in questo spazio è lodevole. Magari si avessero sempre 20 milioni di euro o per l'università o per una scuola superiore o media o elementare. Ben venga: il problema è dove viene costruito se ci sono delle altre possibilità e così via. Quindi semplicemente costruire per il gusto di costruire e magari anche solo per perché bisogna spendere questi soldi – su questo ci tornerò magari alla fine – lì cominciano a esserci dei problemi. Ci sono state delle contestazioni puntuali su questo progetto che fanno riferimento al calo demografico: quindi che senso avrebbe rifare delle scuole nuove se ci sono sempre meno studenti, se ci sono meno bambini nel corso degli anni? Ci sono poi state le domande per quanto riguarda l'impatto sulla viabilità: lo spostare delle scuole verso l'esterno, non più servito ad esempio dalla ferrovia. Io me ne sono accorto in maniera netta: sono venuto in treno arrivando da Udine e la distanza è molto importante, sicuramente a piedi non è affrontabile, quindi bisognerebbe avere un trasporto su gomma e quindi comunque un sovraccaricare l’asse che non mi sembra sia proprio scorrevolissimo. Legato a questo poi c'è anche il discorso di che cosa succederà alle scuole, alle sedi che magari potenzialmente potrebbero essere abbandonate, quindi si troverebbero svuotate degli inquilini attuali cioè degli studenti. Quindi che cosa succederà a quelle? E poi c’è un'altra contestazione puntuale sulla situazione idrogeologica di questa zona. È più o meno tutte, sono state un po' smontate in maniera più o meno efficace da parte del Comune. 

Ma al di là di queste contestazioni puntuali, a me piacerebbe – ora entro nella parte più interessante – fare un discorso su tre argomenti che sono in qualche maniera concatenati. Il primo è il consumo di suolo. Sappiamo che Monfalcone ha uno dei consumi di suolo più elevati a livello regionale immagino che saremo sopra il 46% del territorio che è stato consumato in una regione che non è molto virtuosa. Il consumo di suolo fa parte del modello di sviluppo in cui noi stiamo vivendo. Noi siamo abituati ad avere un sistema lineare dove noi prendiamo delle risorse, le consumiamo e dopo tutto diventa un rifiuto o comunque le scartiamo. Nel consumo di suolo funziona un po' nella stessa maniera. Vi faccio un esempio. L’ esempio del metallo. Il metallo lo estraiamo, lo trasformiamo nelle nostre industrie, poi ci facciamo degli oggetti e poi diventa un rifiuto. Il consumo di suolo è una materia prima che noi consumiamo, lo utilizziamo per fare degli edifici, per fare dei servizi, per fare dei parcheggi, però poi quella materia prima è consumata e non torna più. Quel condominio, quella casa, o piuttosto la ferrovia o piuttosto una strada, quel suolo è stato consumato ed è difficile togliere il cemento, togliere anche gli affetti delle persone che ci abitano, per rimetterlo magari in uno spazio nuovamente naturale. Ma poi anche il suolo non è che da un giorno all'altro ritorna verde, come il “boschetto che non c'è” alle vostre alle vostre spalle. Quindi quando un terreno viene consumato, quando un terreno viene cementificato, asfaltato, tornare indietro è praticamente possibile. È una materia prima che viene consumata e vivendo all'interno di un sistema mondo che è finito, anche il terreno che noi possiamo andare a consumare è veramente limitato; quindi, quando vogliamo avere dei progetti importanti da un punto di vista di estensione, bisogna sempre porsi delle grandi domande. Ha senso avere questo tipo di progetto o ci possono essere delle soluzioni alternative che non vadano a consumare il terreno. Ci sono magari degli spazi che possono essere recuperati, penso a capannoni, parcheggi, centri commerciali abbandonati, le stesse scuole, la ristrutturazione delle stesse scuole che ci sono, altre scuole che magari state abbandonate, una ex ospedale che magari potrebbe assolvere a questa funzione, magari essere ristrutturato al ruolo di polo scolastico. Quindi l'idea è di abbandonare un po' questa idea di economia di estrazione, per andare verso un'economia di tipo circolare, di un sistema circolare che è un po' un altro mantra che si ripete molto spesso. 

A livello europeo noi vogliamo andare verso un'economia di tipo circolare. Ora, senza andare nei dettagli di che cos'è l'economia circolare, del progetto dell'economia circolare penso che sia importante invece parlare di circolarità, come avviene in natura. Cosa vuol dire? Come abbiamo visto noi come genere umano consumiamo, quindi è un sistema lineare, però in natura a livello mondo, siamo l'unica specie che produce rifiuti, che estrae e che non è sostenibile. Perché a livello naturale ci sono dei sistemi che sono di tipo circolare, chiusi. Non esiste mai un rifiuto. Un animale che mangia, defeca, a un certo punto muore comunque tutta la materia organica rientra in dei cicli naturali, ci saranno dei batteri, ci saranno altri animali che poi consumeranno o che verranno mangiati e quindi questi cicli naturali possono continuare più o meno all'infinito: il clima non viene modificato come con gli interventi antropici come stiamo facendo noi, e quindi c’è una stabilità all'interno della natura. L’idea è di fare un po’ la stessa cosa, cioè il nostro modello di sviluppo dovrebbe ripensare, deve essere ripensato e andare verso un modello di sviluppo che assomigli sempre di più alla natura e in cui quindi l'estrazione delle materie prime, l'utilizzo delle materie prime sia ha ridotto il più possibile e in cui gli scarti non esistono. 

Nel caso specifico di questa zona del “boschetto che non c'è”, quindi quando si va a parlare di consumo di suolo, cosa vuol dire avere una circolarità nell'utilizzo di un di uno spazio naturale, di uno spazio, di uno spazio verde? Non è che noi dobbiamo per forza estrarre qualcosa dalla natura. Però in maniera automatica – il boschetto che non c'è, che secondo me è un'immagine geniale. Ovviamente io non ero mai stato e quindi avevo letto il boschetto che non c'è”: ok, simpatico, suona bene, mi sono detto. Poi vederlo così esteso fa percepire una contrapposizione ancora più netta. Quindi mi sembra veramente assurdo che i politici del comune dicano che non c'è… Sembra abbastanza incredibile, comunque, a parte questa digressione, la natura di per sé è importante perché ha i cosiddetti servizi ecosistemici. Cioè se vogliamo vedere l'utilità della natura. Insomma, razionalmente che senso ha la natura? Ci sono queste cose che si chiamano servizi ecosistemici. E che cosa sono? Tutto quello che viene servito, tutto quello che fa la natura stessa, prima di tutto la cosa più banale è che produce ossigeno ed è importante che questo ossigeno venga prodotto dove ci sono delle fonti inquinanti. A livello italiano c'è un incremento della superficie di alberi a causa dell'abbandono delle aree delle montagne, però comunque c'è una diminuzione delle aree verdi nelle zone cittadine o comunque già maggiormente inquinate come ad esempio la pianura padana. Quindi togliere questi alberi, anche se magari vengono compensati perché magari in dei piccoli paesini della Carnia c'è un'espansione del bosco. Questo bosco è importante qua a Monfalcone a due passi dalla zona industriale o a due passi dalla strada, perché l'ossigeno serve qua per abbattere i possibili impatti sulla vita delle persone. Questo è un esempio di servizio ecosistemico. Un altro è il calore. A livello cittadino, tutti noi ce ne siamo accorti, quando si cammina in una strada asfaltata senza nemmeno un albero, senza nemmeno un po’ di ombra la temperatura è altissima. Poi, quando si va all'ombra la temperatura si abbassa inevitabilmente. Ma gli alberi non solo producono dell'ombra, ma riescono a mantenere una temperatura più bassa anche grazie al vapore. Quindi ci sono dei cicli virtuosi che fanno in maniera tale che la temperatura dell'aria vicino agli alberi venga mantenuta più bassa. Quindi gli alberi in mezzo alla città sono importantissimi. Questo boschetto è già importante perché abbassa la temperatura della zona. Anche noi lo possiamo facilmente osservare: a fine giugno vediamo la differenza di temperatura tra qua e magari spostandoci semplicemente più in là alla luce. Se noi togliamo il bosco, vorrà dire che la temperatura aumenterà perché avremo un consumo di suolo con la cementificazione, con i parcheggi e così via, quindi questo bosco sta abbassando la temperatura, se ci mettiamo l’asfalto, se ci mettiamo il cemento, la temperatura inevitabilmente aumenterà. I servizi ecosistemici però sono rappresentati anche dall’approvvigionamento di cibo, di acqua, di materiali. Quindi nel momento in cui noi andiamo a asfaltare, a cementificare, non possiamo mettere a coltivazione, non possiamo raccogliere il legno e così via. Un altro servizio ecosistemico e l'impollinazione che è fondamentale per la vita a livello biologico: nel momento in cui va a mancare questo anello, poi a cascata tutti gli altri ecosistemi vengono messi in crisi e possono o collassare o diminuire nella loro efficacia. 

Questo progetto quindi può essere visto sia come consumo di suolo meramente, ma in maniera secondo me più olistica come servizio ecosistemico che sta svolgendo alla comunità e a tutta la città di Monfalcone, servizi ecosistemici che verrebbero persi se la facciamo un polo scolastico. E in più, come ultimo punto, penso che questa doppia visione, da una parte la costruzione di un polo scolastico, dall'altra parte il preservare il “boschetto che non c’è” mette in luce la necessità di costruire una nuova relazione con la natura. Molto spesso per noi  la natura è “quella roba verde” – detto in maniera molto semplice – che è lontana da noi. In realtà non è soltanto questo. Il problema è che avere questa idea della relazione tra noi e la natura come completamente separati ha creato e sta creando moltissimi problemi. Perché noi riteniamo che la natura sia là fuori, che sia cattiva, che dobbiamo in qualche maniera dominarla, che dobbiamo ben difenderci dalle avversità della natura. E la natura è là fuori pronta a servirci quando ci servono delle materie prime che noi possiamo prendere quando vogliamo, senza nemmeno preoccuparci dei livelli di materia nostra a nostra disposizione. In realtà questo sta portando a un livello antropico a livello mondiale dannoso. Si parla molto di cambiamento climatico, quindi  produzione di CO2 troppo elevata, quindi c'è una temperatura più alta a livello mondiale e quindi tutti gli ecosistemi vengono modificati. Il nostro intervento antropico non si limita soltanto alla produzione di CO2. Ci sono altri parametri che stanno raggiungendo dei livelli di guardia, penso ad esempio alla perdita di biodiversità. Se noi eliminiamo sempre più specie viventi è ovvio che la vita non sarà più sostenibile. Il consumo di acqua dolce è incrementato esponenzialmente nell’ultimo secolo. Questo è un grosso problema. Andare a modificare il ciclo di azoto o altri cicli anche questi sono altri problemi. L'immissione di prodotti chimici come l'ozono, anche questo è un grosso problema. Noi come esseri umani abbiamo una relazione perversa con la natura che ci sta portando a mettere in crisi e in forse la nostra stessa esistenza su questo pianeta. Quindi mantenere e difendere questo boschetto vuol dire anche immaginarsi una nuova relazione con la natura e ha un grande significato perché vuol dire conoscere questo spazio, avere questa serata insieme qua e conoscere anche le zanzare in qualche maniera. Sappiamo che dobbiamo vivere insieme alla natura e dobbiamo svilupparci insieme alla natura in  maniera circolare e sostenibile. E la natura non è soltanto “quella roba verde”: è anche quello che sta sotto di noi, quello che succede nella terra con i vermi, con tutto quello che dà la possibilità al verde di crescere, sono tutti quegli insetti che si muovono, gli animali muovono ed è un tutto che non può essere ridotto semplicemente a uno spazio libero dove non c'è niente tra virgolette, e che quindi possiamo cementificare. In realtà è un valore molto, molto ampio, che va al di là semplicemente di un'estensione geografica che ha un valore di servizi ecosistemici, ma anche un valore culturale di relazione che noi abbiamo con la natura: un esempio di coesistenza. 

Per concludere: sicuramente la politica del fare che va tanto di moda ha una sua importanza. Sono un'insegnante anch'io e so benissimo che l'edilizia scolastica è in condizioni pietose, drammatiche in Italia, però non vuol dire che se ci sono dei finanziamenti allora dobbiamo cementificare tutto. Non è lì la soluzione. Lavorare nell'ottica di sviluppare al meglio i nostri edifici scolastici, adeguarli a normative antisismiche, cercare di migliorarli dal punto di vista dell'efficientamento energetico, creare degli spazi che siano efficaci per delle attività educative magari nuove, così via è fondamentale. Quindi assolutamente è importante pensarci dal momento che stiamo parlando di cifre molto importanti. L’ho già detto, non sono di qua, però mi viene da chiedere: questi 20 milioni di euro a chi vanno? C'è questa domanda un po' sottotraccia. Saprete voi quali saranno le varie ditte appaltatrici dell’area e farete le vostre considerazioni, però sono tanti soldi. La domanda che mi è venuta da fare appena avevo saputo di questo progetto è: ma non avrebbe senso ristrutturare le scuole che già ci sono? 

Non c'è soltanto, appunto, il consumo di suolo insomma, ma molto altro. Quindi costruire sì, ma mi sembra che quello che sia mancato soprattutto sia stata la mancanza di una discussione pubblica. Penso che il ruolo delle popolazioni, il ruolo delle comunità dove si pensa di fare un progetto è fondamentale sia per capire prima di tutto se ha senso o non ha senso farlo. E prima ancora se si vuole o non si vuole. Cioè penso che debba esserci una discussione chiara sotto la luce del sole con la possibilità anche di mettere in discussione la cosa. I progetti a scatola chiusa non possono esserci e poi capire se c'è una reale necessità, se non ci sono altre alternative e così via cercare di capire come sviluppare questo progetto. Mi pare che questo passaggio sia saltato completamente. Il coinvolgimento dei vari soggetti è stato veramente saltato a piè pari.

Io volevo portare con un esempio: ero stato qualche anno fa a Roma per un convegno dove c'era il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini che era in quel periodo in cui era già stato votato questo governo e quindi lui era dimissionario. Si stava parlando degli effetti del PNRR. Adesso – ha detto – i soldi del PNRR noi ne abbiamo una valanga, devono essere tornati, ma soprattutto ci sono arrivati in testa e non abbiamo un progetto di massima. Non abbiamo un progetto, una visione olistica di dove questi soldi vanno implementati e l’ha detto in maniera molto candida. Cioè ci sono arrivati e abbiamo dovuto rincorrere perché dovevamo spenderli subito perché l'Europa ce lo diceva e ci siamo dovuti inventare delle linee guida dove più o meno dopo mettiamo i soldi ma non c'è una maniera sistematica, un'idea di sviluppo, una idea di società che vogliamo. Mi sembra che questi 20 milioni di euro vadano nella stessa direzione. Cioè: qual è lo sviluppo di Monfalcone? Possiamo vedere cosa questo progetto o comunque l'educazione vuole dalle scuole in maniera integrata a livello cittadino e allargarci e non semplicemente vedendo questo campo come l'unica soluzione di tutti i problemi delle scuole, ma magari cercare di vedere tutta la città. In quest'altro modo magari si potrebbe vedere la cosa in maniera un pochino più complessa. Economia, sviluppo economico, viabilità, scuole esistenti, l'aumento o meno da un punto di vista demografico, quali sono gli spazi vuoti che potrebbero essere riqualificati, ristrutturati, riusati. Le aree verdi: quali sono le aree verdi? Avrebbe senso costruire e migliorare magari anche l'esistente, creando dei collegamenti di zone verdi, dei tunnel verdi che magari potrebbero essere lo spostamento di insetti, di animali? Che ruolo potrebbe avere questo boschetto? Che c’è realmente e potrebbe anche essere un’oasi felice. Potrebbe essere anche utilizzato da un punto di vista didattico per le scolaresche. 

Penso che la campagna che state portando avanti sia fondamentale ed è anche veramente molto bello vedervi numerosi in una fase iniziale: sono stati stanziati i soldi ma ancora un progetto non c’è. Quello realmente non c'è il progetto oppure non l'hanno ancora fatto vedere e quindi io penso che sia veramente di buon augurio e spero di lavorarci più avanti e magari di festeggiare sempre nello stesso spazio un progetto che non c'è, non ci sarà e continuerà comunque a esistere questo bosco bellissimo.

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