Da almeno quarant’anni si conosce l’evoluzione della crisi climatica. Il riscaldamento della temperatura del pianeta, provocato dall’impronta umana, ha portato l’emergenza idrica dell'oggi. Una emergenza dall’evoluzione imprevedibile. L’acqua è destinata a diventare, in assoluto, il bene più prezioso. I governi dei Paesi ricchi e le multinazionali lo hanno capito da tempo e guerre, soprusi e land grabbing sono il frutto dalla volontà di dominio sulla risorsa idrica.
Ci sarà acqua per le coltivazioni, in regione, o assisteremo a una desertificazione che avanzerà a passi da gigante?
Domande che andavano poste prima, quando si doveva prevenire.
Domande che la sindaca di Monfalcone, Annamaria Cisint, ha ignorato con il consueto sprezzo.
La sindaca dello spreco è stata rieletta a furor di popolo (si fa per dire, la metà degli elettori ha disertato i seggi). Rieletta la signora dei fioretti cava e metti e del massacro degli alberi.
Per sei anni ha fatto piantare e ripiantare cascate di fiori nei contenitori. Fiori dalla vita breve, bisognosi di cure e acqua che hanno arredato ossessivamente il centro di Monfalcone e Marina Julia.
I fiori, usati come vetrine per dimostrare che una città era rinata attraverso un'immagine falsa, utilizzata con cinismo.
Per sei anni quantità d’acqua intollerabili si sono sprecate. Avrebbero potuto bagnare campi riarsi, e i soldi spesi avrebbero potuto migliorare la rete idrica che perde e spreca.
Acqua sacrificata sull’altare propagandistico della donna sola al comando.
Un martello social incessante dove la sindaca vende l’immagine del coraggio e delle idee.
Circondata da servili esecutori e da una spropositata quantità di quattrini, riversati dal governo amico della regione, che ha usato per distruggere beni collettivi come l’acqua e gli alberi.
Quasi sei milioni di euro per rifare la piazza della Repubblica. Una piazza che ha quindici anni e una ventina di alberi che ombreggiano delle panchine.
Alberi che nel rifacimento saranno tolti per far posto a una fontana rettangolare (in ricordo dell’antica roggia che scorre sotto il cemento) accanto alla preesistente fontana rotonda. In Lombardia le ordinanze per l'emergenza idrica svuotano le fontane e a Monfalcone le fontane sostituiscono gli alberi, come a voler rimarcare la follia dei tempi che viviamo.
Sugli alberi va aperto un discorso: c’è qualcosa di insensato nel bisogno di irreggimentare il verde e la natura. Recinzioni, steccati e distruzione di tutto quello che non si riesce a dominare o che ricorda amministrazioni passate. I poveri tigli del Viale San Marco hanno pagato duramente lo scorso anno.
Si è scavato attorno alle radici, sradicando decine di bei cespugli che contornavano gli alberi, per istallare un impianto idrico costoso e inutile perché sopra ai tubi è stata piantata l’edera che cresce senz’acqua e avvilupperà i tigli soffocandoli.
Ombrosi tigli centenari che hanno protetto, per lunghi anni dai rumori e dallo smog le case che si affacciano sul viale. Ora non è più così, i rami sono stati tagliati e i tigli svettano, con quel che resta della chioma, verso l’alto senza filtrare rumori e inquinamento.
Non paga, la sindaca, ha sacrificato alla sua visione di dominio ordinato il Carso e intere vie alberate. Come dimenticare i pini marittimi tagliati per far posto a una piazzola desolante in via Romana, che, con un inquietante monumento ricorda la prima guerra mondiale.
Le guerre sono un’altra grande passione, guerre da ricordare e commemorare, guerre da combattere contro chi non la riverisce, contro chi è diverso e non incensa il suo procedere ossessivo.