MONFALCONE: ARMI OVUNQUE, SOLUZIONI ZERO

 

MONFALCONE, città che da anni combatte con indicatori socio-economici tra i più bassi della regione, città che ha già ingoiato più cemento e consumo di suolo di quanto chiunque sano di mente riterrebbe normale,

decide di nuovo qual è la priorità numero uno:

Dare le pistole alla polizia locale.
Brillante. Davvero.

Mentre i quartieri chiedono servizi, spazi, case, welfare, la risposta della giunta è sempre la stessa:
più controllo, più divieti, più “decoro”, più securitarismo.
Dalle ordinanze che regolano la vita nei parchi, ai controlli a tappeto che trasformano le vie in checkpoint, ai provvedimenti che spacciano “ordine” invece di affrontare i problemi reali.

E adesso pure le pistole.
Per una città che ha bisogno di lavoro ben retribuito, salute, aria, futuro,
non di fondine nuove di zecca.

Non ci caschiamo.
Lo schema è chiaro:
– i problemi sociali aumentano?
repressione.
– il consumo di suolo divora tutto?
silenzio.
– la città scivola in povertà?
colpa d’altri.
– si chiede più ascolto?
sirene, lampeggianti, porte chiuse.

Ma noi non siamo nati ieri.
Sappiamo che la sicurezza vera non si costruisce con un’arma,
ma con cultura sociale e solidarietà, case dignitose, oneste buste paga, servizi pubblici, spazi vivi, quartieri che respirano.
Sappiamo che il cemento non si mangia e che la paura è solo un’altra forma di controllo.

MONFALCONE NON HA BISOGNO DI UNA CITTÀ ARMATA.
HA BISOGNO DI UNA CITTÀ CHE RICOMINCI A VIVERE.

Al Caffè Esperanto continuiamo a incontrarci, discutere, organizzarci.
Per una città che non si inginocchia al manganello dell’immaginario securitario.

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