Da quando nel 2010 l’ex assessore del PD Paola Benes ha fatto un intervento su “Il Piccolo” in sua memoria, ogni anno a metà gennaio si presentano nazionalisti di ogni tendenza, fascisti in testa, davanti alla brutta
lapide che ne ricorda la morte.
Nella foto a lato, la celebrazione del 2015:
Ma chi era Pietro Dominutti?
Pietro Dominutti, originario di Cervignano, è stato ucciso in circostanze mai chiarite il 14 gennaio 1948 (come scrive anche Roberto Spazzali in “Gorizia 1945-1948” edito dalla Lega Nazionale).
Attivista dei Sindacati Giuliani e del Partito d’Azione, che localmente funse da catalizzatore di istanze nazionaliste dopo la caduta del regime fascista, Dominutti si rese protagonista di trasporto e occultamento di armi assieme al “noto fascista Minozzi” e partecipò alle squadracce protagoniste di atti di violenza e intimidazioni – anche con bombe e pugnali – nei confronti di militanti di sinistra e sedi di partito ed organizzazioni operaie nel corso del settembre 1947. Informatore della polizia, membro del Moto Club di Monfalcone diretto dall’ex segretario politico del Fascio e segnalato come luogo di ritrovo di fascisti, Dominutti aveva il ruolo di segnalare alla dirigenza del cantiere i lavoratori politicamente inaffidabili.
È improprio sostenere che il suddetto sia morto per l’italianità di queste terre, visto che il territorio monfalconese era stato assegnato già diversi mesi prima dall’amministrazione militare alleata, che lo controllava dal 1945, alla neonata Repubblica italiana.
Nel lungo documento che analizza i crimini “determinati da motivi politici” dell'immediato dopoguerra redatto della Questura di Gorizia – che cercava i colpevoli quasi esclusivamente tra le file partigiane – leggiamo che nel biennio 1947-’49 “non si sono verificati in questa provincia delitti di particolare gravità determinati da moventi politici“ e che il caso Dominutti è l’unico irrisolto tra le due eccezioni analizzate.
Il movente politico, che viene continuamente riproposto, presenta altre fragilità.
“L'Emancipazione” – giornale del Partito d'Azione di cui Dominutti faceva parte – non menziona l'episodio nei mesi di gennaio-marzo 1948. Inoltre, sono stati proposti altri moventi: quello passionale, che venne sostenuto all’epoca dei fatti da “Il Lavoratore”, e quello della liquidazione da parte di operai a cui Dominutti aveva negato il lavoro, interpretazione avanzata da Mario Udovisi, sodale dell’ucciso.
Da questa breve ricostruzione, basata su documenti, giornali, testimonianze orali e su libri che trattano della vicenda, trapelano delle cupe ombre che ci spingono ad esprimere il nostro vivo sdegno sia verso chi celebra la persona, sia verso chi richiede di intitolare uno spazio a suo nome.
Storia è conoscenza.